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Cavour sotto assedio. Quando a far paura non era lo “spread” ma le “cannonate”

22/03/2012 9:59

PARTE PRIMA

Spread, default, recessione, precariato, tasse, disoccupazione…sono queste le principali parole dell’odierna preoccupazione, le paure dei giorni nostri. Tempi duri, anzi, durissimi (almeno per i più… solo per fare qualche esempio: stipendi dei lavoratori dipendenti e pensionati tra i più bassi d’Europa mentre il regime di tassazione è tra i più alti ed è stato ulteriormente inasprito; diseguaglianze e sperequazioni elevatissime, costi della politica e dell’apparato statale scandalosi... ecc.) . “I nostri giovani staranno peggio dei padri ” si sente spesso dire…e… molto probabilmente con buona ragione eppure, se riflettiamo un momento, questo processo di involuzione socio/economica in una ipotetica simulazione storica retrospettiva, fortunatamente, si ferma lì.

Infatti, se solo spostiamo l’orizzonte un po’ più indietro, ossia, ai nostri nonni, ai bisnonni ed oltre allora ci rendiamo conto di quanto le attuali generazioni, tutto sommato, possano considerarsi ancora fortunate (questo non per consolarci …ma per ricordare, per aiutarci ad evitare i tragici errori del passato!). Pensiamo che, meno di 70 anni fa, il mondo viveva gli orrori della Seconda Guerra mondiale e, solo qualche anno prima, quelli della “Grande Guerra”.

Milioni di morti, intere generazioni … spazzate via …” la meglio gioventù che va sotterra “ recitava una vecchia canzone dei nostri alpini. E non era un film …era la realtà!

Una realtà, la guerra, che solo gli anziani e qualche superstite centenario, sono ancora in grado di raccontare.La nostra generazione e quella dei giovani d’oggi sono le prime in Europa che non hanno vissuto le atrocità dei grandi conflitti, una realtà che in precedenza si manifestava periodicamente, sistematicamente quasi fosse una necessità ineluttabile della vita, un terribile gioco, una selezione ovvia e naturale dell’umanità.  Per rendersene conto, nel nostro piccolo mondo cavourese, è sufficiente uno sguardo ai tanti nomi incisi sul monumento dedicato alla  memoria dei caduti nella piazza centrale del paese.  Tuttavia, in queste note, vogliamo ricordare, seppur molto brevemente, accadimenti assai più remoti rispetto alle tragiche ultime due guerre mondiali, fatti e vicende di molti secoli fa, ma tra i più significativi della nostra storia cavourese, pagine tragiche ed eroiche scritte dai nostri concittadini di allora, quando i tempi erano decisamente “ Assai più duri”.

Ripercorrendo la storia, il medioevo riservò a Cavour e alla sua popolazione (tranne che per brevi intervalli) anni sicuramente di grandi tribolazioni infatti, per la notevole importanza strategica che ha sempre rivestito il suo castello, l’annessa castellania (ovvero la circoscrizione territoriale comprendente il paese sottostante e le terre limitrofe facente capo al castellano o a un vicario) e l’abbazia di Santa Maria, il paese fu al centro delle guerre d’investitura feudali, degli scontri tra i comuni piemontesi per la supremazia regionale e di tutte le operazioni belliche in cui furono coinvolti gli Acaja ed i Savoia (Cavour ebbe, fin dal medioevo, due castelli, uno sulla sommità della rocca, di cui esistono ancora resti ben evidenti, ed uno inferiore, posto press’a poco a metà costa, di cui si è persa ogni traccia). Questi importanti manieri subirono nel corso dei secoli almeno cinque assedi, due in epoca medioevale (1360 e 1490) e tre nei secoli XVI (1592 e 1595) e XVII (1692).

Anche i terribili e temuti saraceni (o bande di presunti pirati “sarazin” come venivano definiti) avrebbero, a ridosso del primo millennio, fatto delle scorrerie e distruzioni in terra cavourese.   

Ma ancora più terribili dei balzelli (imposte da pagare ai vari “princeps o signori ” che si succedettero per infeudazione, diritto ereditario o per conquista), delle razzie e delle continue guerre, furono i periodi di carestia e le ricorrenti epidemie di peste (come quelle del 1348,1467,1483) che falcidiarono la popolazione piemontese e cavourese (peste che arrivò da Costantinopoli, dopo quasi sei secoli d’assenza, portata dai topi che infestavano dodici galere genovesi e che si diffuse rapidissimamente in tutta la pianura padana).

Durante queste ripetute epidemie migliaia furono i morti tanto che i cadaveri venivano “ Brusà “ in massa e gettati in fosse comuni.   La vita dei cittadini cavouresi (a quei tempi, suddivisi in circa duecentocinquanta “ fuochi “ come erano chiamati i nuclei familiari) era durissima e regolata dagli “Statuti o Liber Statutorum ” ossia una compilazione organica di norme suddivise per materie legislative che rappresentava lo specchio della vita e delle identità locali.

In genere gli statuti erano redatti da una commissione / consiglio dei “Sapientes” del paese ma sottoposte al controllo del potere del feudatario locale (in questo caso gli Acaja o i Savoia) che manteneva tutti i diritti e le decisioni in politica estera (guerre, alleanze ecc.) e il diritto di arruolare a suo piacimento milizie. Per quanto attiene al cibo, la popolazione del paese si doveva accontentare, per lo più, di castagne, noci, cacio e un po’ di polenta, un po’ meglio, invece, stavano i contadini delle campagne dove si riusciva a sopravvivere grazie ai magri raccolti, agli orti, agli animali da cortile ed a qualche mucca.  Tuttavia è con l’arrivo del 16° e del 17° secolo (quando la nuova strategia militare di “posizione” impose, per primeggiare, la conquista dei più importanti capisaldi e le armi da fuoco raggiunsero una potenza devastante) che arrivarono le più gravi sciagure.Infatti, nel corso della trentennale guerra (1562-1592) tra Francia e Spagna per la conquista egemonica del potere in Europa, il Duca di Savoia Carlo Emanuele si era posto l’ambizioso obiettivo di estendere il suo ducato tentando di conquistare l’importante piazzaforte di Ginevra e il Marchesato di Saluzzo controllato dalla Francia. Per contrastare il piano savoiardo, il Re di Francia, Enrico IV, comandò ad uno dei suoi più validi generali di attaccare il Duca di Savoia portando la guerra direttamente in Piemonte. Pertanto, il Generale francese Francesco De Bonne, Duca di Lesdiguières, nel settembre del 1592 raccolse a Briancon un forte esercito ugonotto composto da 3500 fanti e 600 cavalieri e calò in val Chisone dove prese con la forza la cittadina di Perosa e successivamente dopo un breve assediò i forti di Torre Pellice, Miraboc e Bricherasio.

Tentò anche un attacco alle più munite piazzeforti di Pinerolo e Susa ma venne respinto dalla resistenza delle guarnigioni sabaude. Resosi conto dell’importanza strategica di Bricherasio riedificò il vecchio castello dotandolo di mura, contrafforti difensivi e piazzole con pezzi d’artiglieria.Successivamente vi fu un durissimo scontro con le truppe sabaude presso Vigone dove il duca di Savoia perdette oltre 400 uomini.

 

 

                                                                                                          Dario Poggio

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