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La Notte della Taranta

04/09/2012 16:13
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“La notte della taranta”

Il 25 agosto a Melpignano si è tenuto il concertone “La notte della taranta” orchestrato da Goran Bregovic. Può essere interessante risalire alle pizziche tarantate registrate da Ernesto De Martino e Diego Carpitella, contenute nel testo”Musiche tradizionali del Salento”, a cura di Maurizio Agamennone (2005, ed.. Squilibri). Le tracce sonore fanno parte della raccolta n. 48 e 53 del Centro Nazionale Studi di musica popolare, registrati nel 1959 e 1960 nell’ambito di un programma che si sarebbe rivelato determinante per la conoscenza delle forme culturali tradizionali delle regioni italiane. Rappresentano il corpus documentario più importante intorno alla musica del tarantismo, la raccolta n. 48 è stata registrata a Nardò, Galatina e Muro Leccese, seguendo le fasi domiciliari per la terapia del tarantismo e le procedure devozionali in occasione del pellegrinaggio a Galatina, all’interno della cappella S. Paolo. La raccolta n. 53 concerne un’area territoriale più  estesa, Giuggianello, Sanarica, Matino, Taviano, Ruffano, Avetrana e si allarga a modi performativi diversi (p. es. il canto dei “trainieri” o carrettieri).

L’organico strumentale principale vede la partecipazione di violino, chitarra, organetto e tamburello come l’orchestrina di Nardò, guidata dal maestro Luigi Stifani, violinista-terapeuta ritratto nell’ultima foto in calce al testo, nonché autore di “Io al Santo ci credo. Diario di un musico delle tarantate”.

Il curatore sottolinea in realtà che il grado minimo della terapia destinata ai tarantolati (vittime del morso del ragno) consistesse proprio nell’associazione voce/tamburello affidata ad una sola esecutrice. Le tamburelliste erano le  signore del tempo e del ritmo, l’opposizione grave / acuto determinato dalla percussione al centro della membrana e dall’oscillazione dei sonagli esercitava una forte sollecitazione sensoriale rivolta verso le persone sofferenti, in particolare nell’esplosione della “botta” sul volto o vicino alle orecchie delle destinatarie. Le grandi signore del tamburello come Salvatora Marzo di Nardò, Grazia Zocco di Sanarica, anch’esse riprese in foto, utiizzavano un tamburello con diametro della membrana pari a trentacinque, quaranta centimetri che consentiva una botta imperiosa, necessaria per scuotere e rianimare le donne sofferenti. Nelle fasi iniziali di una terapia domiciliare, i musicisti procedevano ad un’esplorazione sonora preliminare, misuravano l’efficacia di diversi brani in relazione alla reattività delle persone trattate. I documenti sonori presentano titolo, località, data della registrazione, nome degli esecutori, testo  poetico e adattamento in lingua italiana, quest’ultimo ad opera di Eugenio Imbriani che attualmente sovrintende la biblioteca dell’Istituto D. Carpitella, fra gli enti organizzatori de “La notte della taranta”. Sempre Imbriani firma un’appendicer sulla ricerca sul tarantismo di De Martino. L’esperienza salentina rappresentò il punto più alto di  integrazione intra-disciplinare tra studiosi provenienti da campi disciplinari distinti ma orientati a convergere verso programmi di ricerca comuni. L’équipre comprendeva il neuropsichiatra Giovanni Servis, la psicologa Letizia Jervis Comba, le antropologhe Amalia Signorelli e Annabella  Rossi, il fotografo Franco Pinna, il musicologo Diego Carpitella a cui si aggiunse il prof. Wilhelm Katner dell’Università di Lipsia. Il lavoro sul campo fu frenetico, privo di pause per sfruttare pienamente i gironi disponibili. I ricercatori dovevano compilare quotidianamente schede e diari, ogni sera riunioni di bilancio e programmazione. L’approccio originale consisteva nel reperire documenti nelle pratiche rituali in azione, nelle storie di vita, nella viva voce della gente, nel contagio dei sentimenti. “La terra del rimorso” di  De Martino (1961, ed. Il Saggiatore), in cui  Carpitella firma il ssaggio “L’esorcismo coreutico musicale del tarantismo”, contiene “in nuce” la via che ha condotto dalla lettura analitica del fenomeno all’attuale promozione della cultura locale che ha coinvolto operatori politici, esecutori di musica popolare, ricercatori. Si è definita la tipicità del tarantismo ponendo l’accento sugli aspetti liberatori della terapia, assurta sul ritmo della pizzica al rango di più autentica espressione dell’identità salentina.

 

Piergiacomo Oderda

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