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La mostra sul Beato Angelico al castello di Miradolo.

23/04/2015 8:34

Il 3 ottobre 1982, fra Giovanni da Fiesole, noto dal XV secolo come Beato Angelico, è stato effettivamente beatificato da San Giovanni Paolo II. Due anni dopo è divenuto patrono degli artisti, celebrato nel suo “diesnatalis”, il 18 febbraio. Meno sicura la data della sua nascita, in un paese del Mugello dove la famiglia Medici deteneva i principali possedimenti. Con il fratello Benedetto, amanuense, avviano una bottega e fra Giovanni si specializza in miniature. Un “Davide orante” all’interno della lettera “O” si può ammirare al castello di Miradolo, è la pagina aperta del noto codice 558, conservato al Museo San Marco di Firenze. E’ la prima opera che i visitatori della mostra curata da Daniela Porro, Giorgio Leone e Antonio D’Amico, possono ammirare, un allestimento voluto intorno al Trittico Corsini. L’accenno al Museo San Marco richiamauna serie di affreschi ideata dal Beato Angelico fra il 1436 e il 1448 per trasporre in pittura quanto elaborato da S. Tommaso d’Aquino e, prima di lui, da San Domenico di Guzman. La crocifissione nella sala capitolare presenta sulla destra uno schieramento di santi fondatori di monasteri e la serie si chiude proprio con S. Tommaso, “doctorangelicus” (tra i ritratti scelti dalla scheda di Wikipedia sul teologo). Tornando ai codici miniati, di grande dimensione è la pagina dell’antifonario conservato nella biblioteca laurenziana, sempre a Firenze, dove ammiriamo la preghiera di Gesù nell’orto dei Getsemani. L’occhio cade sullo spartito gregoriano proprio durante un crescendo del requiem di Liszt, musica di sottofondo alla mostra, in una trascrittura per archi e organo. Un blu intenso permane nella memoria contemplando una crocifissione nel messale Gerli conservato alla biblioteca braidense di Milano. Una splendida illuminazione ravviva due tavole provenienti dai Musei civici di San Domenico di Forlì, una Natività e ancora una Preghiera nell’orto. Di grande interesse il retro di queste due tavole, dipinte sempre dal Beato Angelico con un motivo di marmo variegato che richiama i quattro riquadri dipinti sempre con motivi marmorei posti nel Museo di San Marco sotto la Madonna delle ombre. Georges Didi-Huberman vi dedica un centinaio di pagine con il titolo “Colori del mistero: il Beato Angelico, pittore del dissimile”. In quei colori, laddove non c’è più “historia”, la narrazione di un episodio, subentra la ricerca del mistero, “si parte dall’informe per transitare verso l’invisibile prossimità del mistero” (“Beato Angelico. Figure del dissimile”, Abscondita, 2009).

Al primo piano, la mostra continua con la luminosa Madonna dell’umiltà o Madonna dei Cedri, conservata al Museo Nazionale S. Matteo di Pisa. L’attenzione cade sull’elemento decorativo di ibis rossi, simbolo medievale della vittoria sul serpente velenoso, sul peccato. Si arriva così al Trittico conservato nella Galleria Nazionale di Palazzo Corsini a Roma, recentemente restaurato. Si narra sulla sinistra l’Ascensione, al centro il Giudizio universale, sulla destra la Pentecoste. Grandi riquadri posizionati dai curatori della mostra consentono di riconoscere i personaggi più agevolmente, forse sulla destra si individua papa Niccolò V che chiamò a Roma il Beato Angelico, anche se l’interpretazione è incerta per via di quel nimbo che presupporrebbe uno stato di santità. Il Vasari scrive nelle “Vite” (1568) che il Beato Angelico pregasse sempre prima di dipingere, che singhiozzasse davanti al Crocifisso (si osservi il volto straziato del San Domenico adorante il Crocifisso sempre al Museo San Marco), che non correggesse mai le prime pennellate, segno inequivocabile della volontà di Dio.

PiergiacomoOderda

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