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Ludopatia. l’impegno degli avventisti del settimo giorno

17/01/2019 16:21

di Piergiacomo Oderda

 

“Domani, domani tutto finirà”. Sono le ultime parole del romanzo “Il giocatore” di Dostoevskij, rappresentato al teatro Carignano. La riscrittura del vicentino Vitaliano Trevisan permette l’identificazione immediata di Aleksèi Ivanovic, il protagonista (Daniele Russo), con il drammaturgo. Pare verità storica che lo scrittore russo abbia ripagato i propri debiti da gioco proprio con la pubblicazione di questo romanzo composto nel giro di un mese (doveva essere consegnato entro il primo dicembre 1866), secondo le richieste dell’editore ebreo Stellowkij. Un demone, quello della passione per il gioco,  da cui lo libererà anche il matrimonio con la sua segretaria, Anna Griegorovna (Camilla Semino Favro). Per tutto lo spettacolo Dostoevskij le chiede a che punto sono con il numero di cartelle (devono arrivare a 147). La recitazione di Daniele Russo è contrassegnata da ansia, incertezze per rendere l’animo del giocatore, costantemente altalenante tra esaltazione e depressione. Passa in rassegna tutte le regole della roulette, dagli orfanelli (i numeri vicini allo zero) al “passe”, “manque”, “rouge”, “noir”, parole che vengono scandite dal croupier in cilindro e frac (Alessio PIazza), ieratico nel suo iniziale posizionamento di una clessidra. Evoca il tempo dettato per la fine del romanzo ma anche quell’ora che sembra bastare ai protagonisti per una capatina nella sala gioco dell’hotel aperta “h 24”. Uno stratagemma per rendere la roulette nel primo atto è il giro della ruota di una carrozzina rovesciata. Da quella carrozzina si era presentato Alèksei Ivanovic e con quella carrozzina arriva la “boboulinka” (Antonida Vasillevna, impersonata da una grintosa Paola Sambo). Tutti aspettavano la notizia del suo decesso, essenziale per ripianare con l’eredità i debiti finanziari da gioco; invece “scoppia di salute” ma anch’essa è invasata dalla febbre del gioco. Punta tutto sullo “zero” per vincere trentacinque volte la posta. Lo spettacolo ricalca a grandi linee il romanzo, ambientato in una cittadina termale, non a caso chiamata Roulettemburg. Marcello Romolo veste i panni del generale che attende con ansia finanziamenti per poter sposare M.lle Blanche (Martina Galletta). Anche la recitazione del generale è colma di ripensamenti, di ansie. Polina Aleksandrovna vorrebbe che Alèksei vincesse cinquantamila franchi per sbatterli in faccia al marchese De Grieux che la scarica per quella cifra. Il meccanismo della roulette domina le scene di Roberto Crea e le luci di Salvatore Palladino, con i numeri che accendono il palco e con il movimento ancora circolare degli attori quando si apprestano ad accompagnare la nonna alla guglia dello Schlangenberg. L’allestimento del Teatro Bellini di Napoli e dello Stabile di Catania lasciano trasparire l’attenzione per la febbre compulsiva per il gioco. Spiega il regista, Gabriele Russo come il gioco sia presente ovunque nei personaggi, “nelle vane speranze a cui sono aggrappati e che li fanno stare sospesi; come si è è sospesi quando si è in attesa che la pallina cada sul rosso o sul nero; quando vedremo la baboulinka (nonnina) o il giocatore perdere tutti i loro soldi al casinò, forse per un attimo ci dimenticheremo che si tratta dei personaggi di Dostoevskij e vedremo un giovane compulsivo preso per un videopoker”.

Nello spirito della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, ricordo l’impegno degli avventisti del settimo giorno nel campo della ludopatia, è stato pensato un progetto artistico culminato in un’apposita sezione di arte contemporanea a Paratissima. Il vero valore non sono i soldi, resi sul palcoscenico come un ammasso di carta che il protagonista abbraccia e lancia in aria, ma la relazione, così come traspare nel dialogo tra l’amico Astley e Ivanov. Questi giace sul materasso vicino ad una brandina rovesciata che pare simboleggiare la prigione subita per debiti da gioco e quanto pare vincolare per sempre la sua volontà.

Nella foto Una scena dell’opera teatrale

 

Piergiacomo Oderda

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