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Al Palagiustizia di Torino si è parlato, con gli studenti, sul principio di legalità

06/06/2019 7:43

di Piergiacomo Oderda

Arianna Corcelli saluta calorosamente professori e classi di studenti di fronte all'aula magna del Palagiustizia di Torino. E' la responsabile regionale per il Piemonte dell'Osservatorio Miur. Grazie ad un protocollo d'intesa siglato tra il Ministero dell'Istruzione e l'Unione Camere Penali, avvocati penalisti entrano nelle scuole «per parlare con gli studenti del principio di legalità in tutte le sue sfaccettature». L'anno scorso si sono coinvolti duemila cinquecento studenti in Piemonte, quasi ventidue mila a livello nazionale. Il titolo della conferenza è “Il rovescio del diritto”, «cosa accade quando si verifica un errore giudiziario». Luca Dalla Torre, vicepresidente della Camera Penale Vittorio Chiusano del Piemonte Occidentale e della Valle d'Aosta, ringrazia gli avvocati che «hanno avuto quest'intuizione, uscire dalle aule di giustizia» per promuovere un progetto “civile”, «culturale, di informazione sui temi della legalità, della giustizia penale e dei principi che la governano». Definisce la giustizia penale come «lo strumento che ci siamo dati per regolare il conflitto tra consociati; lo strumento che incide maggiormente sulle libertà fondamentali del cittadino, la libertà personale, l'onore, la reputazione». «Conoscere, approfondire consente di riaffermare e migliorare questi principi. Li si tende a dimenticare, quando si riducono ci si accorge di quanto fossero importanti». Meticolosa, la responsabile dell'Osservatorio nazionale, Cinzia Gauttieri, ricorda che il progetto nasce «per ragionare sui principi fondamentali della Costituzione». Il titolo del progetto evoca un percorso sulla legalità attraverso i principi costituzionali. La Costituzione è quel «contratto che ha dato vita alla Carta in cui ci ritroviamo tutti». Chiede agli studenti vigilanza, «non farsi tirare dentro quel processo mediatico che restituisce la persona colpevole». Ringrazia infine gli avvocati che «prestano tempo, disponibilità, entusiasmo nelle scuole». Tre avvocati si suddividono gli argomenti affrontati a scuola per un “ripassone”, termine che sento utilizzare da un avvocato prima dell'inizio dell'incontro: non colpevolezza, diritto di difesa, giusto processo. Stefano Caniglia parte dall'art. 27 (Cost.), “la responsabilità penale è personale”. L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Richiama l'art. 48 (Unione Europea, 2012) sulla presunzione di innocenza, l'art. 6 della Carta Europea dei Diritti dell'Uomo e l'art. 11 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. Chiarisce la sospensione del giudizio per tutelare l'imputato e la giustezza del processo. Nel passato, nella tradizione di processo inquisitorio, si partiva dalla presunzione di colpevolezza, «non si distingueva tra imputato e colpa, le persone inquirenti e giudicanti coincidevano». Oggi, si parla di processo accusatorio, basato sul contraddittorio e sulla formazione delle prove nel giudizio. Vale il principio “in dubio pro reo” e l'avv. Caniglia lo definisce «un cambiamento copernicano». Christian Rossi mostra un Chiellini in maglia nazionale per esplicitare il diritto di difesa a norma dell'art. 24 (Cost.). “La difesa è un diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento penale”. Si intende il diritto a scegliere l'impostazione difensiva e il diritto ad un'assistenza “tecnica”. Si tratta innanzitutto di diritto al silenzio, diritto «a non rendere dichiarazioni autoincriminanti». «Se la persona non sta bene è sacrosanto il diritto ad essere presenti per capire cosa dicono i testimoni, per dire la mia verità». Vige il diritto «a ricevere l'avviso di garanzia, alla notifica nel luogo che ho indicato, alla traduzione degli atti». La “slide” sul giuramento con cui l'avvocato si impegna al termine degli studi e del praticantato mostra una sottolineatura, «per i fini della giustizia e la tutela dell'assistito», «se non assiste in modo adeguato», si parla di “patrocinio infedele”. L'avvocato di fiducia e l'avvocato d'ufficio «svolgono lo stesso lavoro col medesimo impegno e diritto ad essere retribuito». «La difesa tecnica è obbligatoria, nessuno si difende da solo, neppure se si trattasse dell'avvocato più bravo». Cita Fulvio Croce, a cui è dedicata l'aula magna, ucciso dalle Brigate Rosse. «Chi era in cella non voleva l'avvocato, non voleva riconoscere nell'avvocato lo Stato». Pagò con la vita essere stato nominato avvocato d'ufficio.

Antonio Vallon ricorda il prof. Ferrua, suo professore di procedura penale; l'ha fatto affascinare al tema del giusto processo. E' stato introdotto nel 1999 ma era già normato dall'art. 24. Un principio consiste nel contraddittorio in condizioni di parità, «un confronto dialettico, tutti seduti attorno al tavolo per dire la propria in determinati tempi e modi». La regola per la formazione della prova chiede che, qualora un pentito avesse fornito la sua deposizione, per arrivare alla sentenza la deve ripetere alla presenza dell'avvocato e del giudice, «se ci sono crepe, tutti possono intervenire per valutarne l'attendibilità». Infine, cita il principio del “giudice terzo e imparziale”, «in assoluta equidistanza rispetto all'accusa e alla difesa». La “ragionevole durata del processo” è un principio di secondo livello, da bilanciare con i principi più importanti (p. es., diritto di difesa). Ricorda infine la legge Pinto (89/01), risarcimento in casa di processo di durata irragionevole, stante la valutazione sull'esistenza del danno e il nesso di causa.

La platea si riscalda nella seconda parte della mattinata grazie alla “verve” di due giornalisti, responsabili del sito “errorigiudiziari.com”. Si mostra lo stadio del Grande Torino. Quando è “sold out”, i 27.500 spettatori rappresentano il numero degli innocenti in carcere in Italia negli ultimi ventisei anni. Si alterna con Valentino Maimone Benedetto Lattanzi, i cinquantacinque mila abitanti di Cuneo sono pari al numero delle persone finite in carcere che si sono viste rifiutare la domanda di risarcimento. Non si dimentichi che qualcuno non presenta nemmeno la domanda, «non vogliono avere più nulla a che fare con gli avvocati». Sono le città del Sud negli ultimi sei anni quelle con un maggior numero di casi di ingiusta detenzione, «Catanzaro è sempre tra le prime tre». Torino è all'ottavo posto. Lo Stato come “riparazione per ingiusta detenzione” ha speso 800 milioni di euro, dal 1991. I giornalisti si chiedono se esista una somma che possa risarcire le conseguenze professionali, sull'immagine, sulla salute. Giuseppe Gulotta ha ricevuto più di sei milioni di euro, in carcere da innocente per ventidue anni. A Torino, sono 215 i casi di ingiusta detenzione maturati negli ultimi sei anni, 4 milioni il risarcimento complessivo. Lattanzi ha iniziato ad occuparsi di errori giudiziari «per dare voce a chi non ha voce». L'arresto finisce in prima pagina sui giornali, per l'assoluzione basta una “breve”, poche righe magari in fondo al giornale. Ammontano a 780 le storie raccolte nel sito. Maimone sottolinea come nessuno tenga conto degli “effetti collaterali”, «cosa ha vissuto la famiglia, gli amici». Lo “stigma del condannato” fa sì che al colloquio di lavoro ci si senta dire: “ha avuto problemi con la giustizia, non ci interessa”. Gullotta, «torturato dai militari per firmare l'assunzione di colpevolezza», è rammaricato di non aver mai potuto accompagnare i figli a scuola. Angelo Massaro, 21 anni di carcere, è stato incastrato da un'errata interpretazione di un'intercettazione in dialetto tarantino. Simile il guaio all'origine dell'arresto di Pietro Paolo Melis, 18 anni di carcere.

 

Piergiacomo Oderda

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