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Le foto. “Dalle antiche pianete alla casula contemporanea”

Casule d’autore sono state esposte nell’elegante cortile della Facoltà teologica a Torino dall’Atelier Sirio. L’organizzazione della mostra dal titolo “Dalle antiche pianete alla casula contemporanea” era a cura dell’Ufficio liturgico della diocesi, coordinato da don Paolo Tomatis. Goffredo Boselli, monaco di Bose, nella frescura dell’aula 3, ha partecipato all’inaugurazione con una conversazione sull’abito liturgico come compito. «Il primo compito è evangelico, rivelare la qualità evangelica della liturgia cristiana». Motiva la «necessaria trasparenza cristologica»: parole, gesti, posture, comportamenti, abiti ed espressioni artistiche devono avere uno spessore, qualità evangeliche.

Boselli ha ripercorso il rapporto tra Gesù e l’abito nei Vangeli. Giovanni Battista non veste come i grandi della terra (Lc 7,25; “hominem mollibus vestibus” nella Vulgata di Girolamo), l’abito dell’asceta che vive nel deserto è privo di ogni morbidezza. Gesù insegna a non preoccuparsi per il vestito. La realtà naturale dei gigli è contrapposta all’abito del più celebre re di Israele. E’ presente l’idea del Dio che veste, “se Dio veste così l’erba del campo”, l’attività creativa è un’attività di vestizione. Gesù ha parole severe e sferzanti sull’ostentazione da parte degli uomini religiosi (Lc 20,45). Lo sfoggio, l’eleganza, l’autorevolezza che la veste lunga conferisce sono già la ricompensa per gli scribi che l’indossano. Nella trasfigurazione, le vesti di Gesù sono bianche come la luce (Mt 17,2). Nel giudizio finale (Mt 25), la frase “ero nudo e mi avete vestito” viene commentata  da Giovanni Crisostomo, si onora il corpo di Cristo non tollerando che il povero sia nudo, non permettendo che fuori muoia di freddo. Crisostomo «passa la liturgia al fuoco del Vangelo».

Nel racconto della Passione, “si alzò da tavola e depose le vesti”. Poco prima aveva usato il medesimo verbo, “nessuno mi toglie la vita ma io la depongo”. “Prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita”, per compiere un gesto diventato liturgia non indossa una veste particolare, si toglie le vesti. Il Figlio di Dio è venuto non per essere servito ma per servire, l’abito del servo è l’archetipo, modello per ogni abito liturgico. Per scherno e irrisione, Gesù viene rivestito di porpora, il colore del tessuto si otteneva con la secrezione di molluschi (era costosissimo, destinato ai re, simbolo di potere). Il re assiro era splendente di porpora (Est 1,6). S. Bernardo si lamentava con papa Eugenio III nel “De consideratione” (4,3,6): “E’ Pietro costui? Bardato di gemme o coperto d’oro? Così sei successore non di Pietro ma dell’imperatore Costantino”. Ancora, di porpora sono rivestiti gli idoli (Ger 10,9) “opera di artista e di orafo, rivestiti di porpora e di scarlatto”. Così il ricco epulone (Lc 16,19-31), l’uomo ricco indossava vesti di porpora e di bisso e banchettava lautamente mentre Lazzaro era coperto di piaghe. Il vertice è in Ap 17,4 dove la grande prostituta è ammantata di porpora. I soldati per disprezzare il Messia lo vestirono di porpora, Gesù uscì fuori portando una corona di spine e vesti di porpora. Gesù non ha mai indossato vesti morbide, ora è il Servo del Signore. I soldati presero le sue vesti e le divisero in quattro parti. La tunica era tessuta tutta d’un pezzo e su di essa gettarono la sorte. Nella spiegazione tradizionale dei Padri della Chiesa, la tunica simboleggia l’unità della Chiesa. Anche la casula è segno di unità della chiesa.

Boselli conclude: Gesù non era riconoscibile per l’abito che indossava, vestiva come tutti. Si distingueva per parole e gesti, per autorevolezza dell’insegnamento. La casula di chi presiede l’eucarestia non può ignorare il dato evangelico. Il Vaticano II parla di nobile bellezza e non mera sontuosità, nella costituzione “Sacrosanctum concilium” al n. 34, si legge che i riti splendano per nobile semplicità. Ciò non significa una veste sciatta, trascurata, banale, inespressiva. Il sacerdote, nel rivestire l’umile casula,  sente sopra le spalle e nel cuore il popolo fedele.

Piergiacomo Oderda

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