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FOTO. "Parlare di ambiente dal punto di vista delle discipline". Istituto Avogadro

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di Piergiacomno Oderda

«Vorrei che le tematiche ambientali fossero oggetto di ricerca, di progetti con i ragazzi». Il Dirigente scolastico dell’Istituto Avogadro di Torino saluta le classi prime radunate in aula magna in occasione della consegna di una borraccia griffata con il logo dell’Istituto. Nel primo collegio docenti, ha chiesto di elaborare attività «declinandole anche in campo ambientalista»; occorre «parlare di ambiente dal punto di vista delle discipline». Porta un esempio di vita familiare: un tempo, quando compravi due etti di gnocchi, te li consegnavano nel sacchetto del pane, «ora sono in una scatoletta di plastica su cui è elettrosaldata una pellicola, il tutto dentro un sacchettino di plastica». La borraccia donata agli allievi delle prime classi ha un significato preciso: «comincia tu facendo qualcosa, comprando qualche bottiglia di plastica in meno».

Il professor Gaetano Capizzi è coordinatore del progetto “Avogreen” che, radunando le diverse componenti della scuola, docenti, collaboratori scolastici, studenti, «cerca di organizzare la scuola per inquinare di meno». Si è attivato un gruppo “whatsapp” dedicato per far girare idee e comunicazioni mentre gli studenti hanno creato il profilo instagram “Avo4future”. Ne parlano Ana ed Enrico, si tratta di un movimento collegato al movimento internazionale “Fridays for future” che «cerca di portare al centro dell’attenzione pubblica i discorsi sulla crisi climatica». Per illustrare l’urgenza del riscaldamento globale, Enrico spiega un grafico elaborato dall’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), «un gruppo di scienziati riconosciuti dall’Onu» che presenta un rapporto di ricerca «unendo migliaia di studi sul cambiamento del clima». Con l’incremento di emissioni di anidride carbonica, sale la temperatura. «Se cominciassimo a diminuire le emissioni fino a zero, l’aumento della temperatura andrebbe avanti, si stabilizzerebbe solo dopo diversi anni».

Ana spiega il concetto di “economia lineare”, «la produzione di un oggetto non riutilizzato ma gettato», «la spazzatura che produciamo non sparisce ma si sposta». Otto milioni di tonnellate di plastica finiscono nel mare in un anno, con questo ritmo, nel 2050, rischiamo di avere più plastica che pesci! La distruzione di un ecosistema comporta un minore assorbimento di CO2. Riprende il microfono Enrico, la plastica che utilizziamo, bottigliette, cannucce, bicchierini, piatti ha una vita media di qualche minuto. E’ difficile riciclare in quanto «i solventi che conferiscono caratteristiche di flessibilità e di resistenza sono difficili da rimuovere». Per una bottiglietta d’acqua si paga prevalentemente la pubblicità, la manodopera, il trasporto (spesso avviene su gomma), l’imballaggio; «solo un terzo delle bottigliette viene riciclato». Eppure l’acqua del rubinetto risulta essere la più controllata, l’acqua in bottiglia presenta talvolta una quantità di sali alti, pur sotto i limiti di legge. Enrico, a completezza d’informazione, spiega il problema dell’”ultimo miglio”. «La Smat si occupa della qualità dell’acqua fino ad entrare nelle nostre case. Da lì tocca al condominio». Ci sono in commercio caraffe e macchine che filtrano l’acqua, «l’acqua microfiltrata è meno ricca di nutrienti»; occorre vigilare sui filtri per evitare una proliferazione batterica a quel livello. Gli studenti ricevono con allegria la borraccia e da subito si sperimentano nella raccolta differenziata, dato che è confezionata in un involucro di plastica all’interno di una scatola di cartone.

 Nelle foto:   Iacono, Capizzi, Ana, Enrico, De Luca. 

Piergiacomo Oderda

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