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Video. I valdesi e i fuochi della libertà

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di Piergiacomo Oderda

Vedere i vigili del fuoco che tentano di appiccare il fuoco ad una catasta di legna, peraltro troppo umida, non è spettacolo da tutti i giorni. E’ la vigilia del 17 febbraio, memoria della concessione delle patenti di re Carlo Alberto ai valdesi come riconoscimento dei diritti civili e politici. Il 29 marzo, sempre del 1848, toccherà agli ebrei mentre per la vera e propria libertà di culto si dovrà attendere un secolo con la Carta Costituzionale. Per la prima volta, il falò delle libertà si accende a Torino, occasione per portare in piazza Castello il coro “Semincanto” che alterna “spirituals” al ricordo della battaglia di Salbertrand quando mille valdesi «riuscirono a passare» (presenta la serata il pastore Ribet) nonostante dodicimila francesi bloccassero loro il passo nel “Glorioso rimpatrio”. Tra i canti, le testimonianze innanzitutto della presidente del concistoro valdese, Patrizia Mathieu, poi del presidente della comunitò ebraica di Torino, nonché della Fondazione beni culturali ebraici in Italia, Dario Disegni. “Fratelli e sorelle nella fede, cittadini”, esordisce con una punta di commozione la dottoressa Mathieu; avvenne nella stessa piazza il rogo del pastore Goffredo Varaglia, il 29 marzo 1558 come testimonia una lapide posta dal Comune nell’ottobre 2000. «Accendiamo un altro fuoco a ricordo di quei fuochi che tanti anni fa hanno significato libertà». Dopo il 1848, i valdesi «non pensavano di godersi queste nuove libertà stando seduti nei templi delle valli valdesi dove avevano già libertà di culto ma sono partiti per tutta Italia a predicare il Vangelo. Oggi siamo una comunità di uomini e donne che si confrontano con la Parola di Dio nell’ambito della Chiesa protestante». Cita il libro del Deuteronomio (30,19), “scegli dunque la vita, perché possa vivere, tu e i tuoi discendenti”. «Se scelgo la vita come posso rifiutare che la scelga anche tu che hai affrontato viaggi pazzeschi per mare? Come pensi di amare il prossimo se vivi accanto a persone che non godono di questi diritti?»

Dario Disegni porta il saluto della comunità ebraica di Torino e dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, «la chiesa valdese ha inteso dedicare ai diritti di tutti l’accensione del falò delle libertà». Ricorda persino il numero del Regio Decreto, il 688, con cui tra l’altro agli  ebrei era concesso di conseguire i gradi accademici. Sciorina gli articoli della Costituzione (3, 8, 19) che segnano l’uguaglianza dei diversi culti davanti alla legge mentre nello Statuto albertino erano soltanto tollerati rispetto alla religione di Stato. «Il diritto all’uguaglianza va di pari passo con il non meno essenziale diritto alla diversità», il falò è un segno della «luce di uguaglianza e della libertà contro le tenebre che avvolgono il mondo». Sale sul palco la sindaca di Torino, Chiara Appendino, con «l’orgoglio di rappresentare la città di Torino per l’importante ricorrenza della chiesa valdese»; rappresenta la volontà della città di essere «aperta e accogliente a chi vuole appartenere alla comunità urbana». Marco Giusta, assessore alle Pari Opportunità al Comune, è sospettoso verso una storia intesa come espressione di potere, «chi racconta la storia ne tiene in mano le redini. Nel 1848 il potere decise di abbattere alcune barriere come concessione dall’alto, senza approvazione in Parlamento, per volontà di un sovrano illuminato». Promette un “festival diffuso di lingue e di culture”, dal capodanno cinese al Pride, dal Natale cristiano al giorno della cultura ebraica sino al Ramadan, con l’intento di «creare una storia che ci renda orgogliosi della città».

Il falò comincia ad accendersi solo durante l’intervento dell’ex sindaco Valentino Castellani che rappresenta il Comitato Interfedi. Torino è «l’unica città in Italia che nello spazio laico delle istituzioni, presidiato dai valori della Costituzione repubblicana» vanta questo ente che riunisce tutte le religioni presenti in città. Il Comitato Interfedi si propone di «favorire il dialogo interculturale, la conoscenza, il rispetto reciproco delle fedi per costruire valori condivisi a fondamento della vita civile». Alessandro Battaglia del coordinamento Pride definisce «duro e incompleto il percorso dell’uguaglianza che ha bisogno di una protezione costante e accudente». Andrea Trigolo dell’associazione Adelaide Aglietta nonché in rappresentanza dell’Unione Atei Agnostici Razionalisti di Torino ricorda che «la ricorrenza storica non è solo per la comunità valdese ma per tutta la cittadinanza. Molte minoranze subiscono persecuzioni in varie parti del mondo. La laicità è la condizione indispensabile affinché comunità diverse possano convivere pacificamente». Barbara Spezini rappresenta la Rete senza asilo, la voce dei rifugiati. Chi vede rigettata la richiesta di asilo entra a far parte di un «esercito di fantasmi che non possono esercitare diritti o accedere a servizi. Il cammino per raggiungere questa meta non è ancora terminato».

Piergiacomo Oderda

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