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Video. Padre Carmine Arice e il biotestamento. "Gli ospedali sono l’agorà moderna"

 

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di Piergiacomo Oderda

Intervistiamo padre Carmine Arice, Padre generale della Piccola Casa della Divina provvidenza dall’11 settembre scorso, a margine della conferenza sul biotestamento organizzata presso la Casa dell’Anziano Madonna della misericordia. Quando papa Francesco ha visitato il Cottolengo il 21 giugno 2015, ha parlato di «concretezza dell’amore evangelico perché molti poveri e malati possano trovare una “casa” ». Qual è la “mission” della Piccola Casa? «Il vero tema della cura delle persone con disabilità gravi non è solo avere delle cure ma avere una cura nelle relazioni. La casa non sono i muri, la casa sono gli abitanti di questi muri e ciò che fa “casa” sono le relazioni sane».

Ancora papa Francesco: «Con che tenerezza il Cottolengo ha amato queste persone! Qui possiamo imparare un altro sguardo sulla vita e sulla persona umana». Da qui il titolo degli “Orientamenti pastorali” 2017/18 del Cottolengo. Impariamo ad assumere un nuovo sguardo da Gesù e anche dai poveri e dagli scartati. «Qual è quello sguardo che papa Francesco contesta? Quello che si origina dalla cultura dello scarto, dello scarto della persona disabile, della persona che non funziona, che rallenta la corsa, soprattutto la persona che non è causa di profitto. Qual è l’altro sguardo che qui possiamo imparare? Quello che riconosce la dignità incondizionata alla persona. La persona ha bisogno che sia riconosciuta la sua dignità, non che sia data, perché la dignità è un qualcosa che nasce con lui e la situazione contingente non la ferisce».

Papa Francesco per la Giornata mondiale del malato tocca l’incontro tra Gesù e la madre, ai piedi della croce (Gv 19,26-27). La vocazione materna di Maria nei confronti dell’umanità coinvolge la chiesa, “potremmo leggere la storia della chiesa come storia della carità”. Il mandato di Gesù, “annunciate il vangelo e curate gli infermi” riguarda l’identità della Chiesa, « non  qualche cosa che si aggiunge a ciò che lei è, la chiesa ha riconosciuto la cura dei malati come assolutamente essenziale. La malattia va in una periferia esistenziale importante e non siamo credibili, magari saremmo credenti ma non credibili, se non li raggiungiamo». Padre Carmine cita gli xenodochi, « i luoghi di accoglienza dei pellegrini malati». «Nel nostro Occidente, dice nel messaggio di quest’anno il papa, magari non dovremo fare quello che facciamo in altre zone del mondo dove c’è bisogno proprio di costruire ospedali però siamo chiamati ad essere una presenza di consolazione, perché il tema vero è che il dolore isola e ciò di cui ha bisogno la persona malata è che qualcuno accanto a lui gli dica “ci sono”, lo aiuti a superare la sua solitudine».

La  “Nuova carta degli operatori sanitari” aggiunge rispetto alla versione del ’94 tra i destinatari « i responsabili delle politiche nazionali e internazionali». E’ segno dell’aggravarsi della crisi antropologica? «La crisi finanziaria in Italia ma anche in altri paesi d’Europa ci ha fatto capire l’importanza dell’allocazione delle risorse. In sanità tante persone non vengono curate nel nostro Occidente perché sprechiamo troppi soldi in sprechi e corruzione. La sanità è a macchia di leopardo, alcuni le risorse che hanno non le sanno investire adeguatamente. C’è anche la questione di investire delle risorse economiche per delle situazioni, e qui torniamo al tema di stasera, che possono sembrare addirittura sprecate. Sul tema della cura c’è un predominio del medico che è impressionante, è un potere che rischia di diventare una prepotenza se non c’è una coscienza critica».

Sempre nella Nuova carta degli operatori sanitari si parla del rispetto delle volontà dichiarate dal paziente ma anche della coscienza del medico. «Il paziente che cosa dichiara? Anch’io dichiaro che non voglio  che sulla mia persona si faccia dell’accanimento terapeutico. Ma se il paziente dice: “quando la mia vita sarà molto fragile per favore fatela smettere prima del tempo”, dovremmo ritornare ad una seria riflessione sul concetto di natura e sulla questione ontologica. Io su questo naturalmente non sono d’accordo. Nel quarto secolo avanti Cristo, Ippocrate faceva giurare ai medici “Non darò alcun farmaco mortale a nessuno nemmeno se mi fosse richiesto”, perché il paziente doveva essere sempre certo dell’alleanza medico paziente». La carta sottolinea « la fiducia del malato che mette la sua vita nelle mani della competenza e della coscienza del medico ma nella certezza che lui sarà sempre alleato della sua vita».

Padre Carmine Arice è stato responsabile dell’ufficio nazionale di pastorale della salute, dal 2012. Si legge in  una sua relazione sui documenti della chiesa che “scorrendo le pagine bibliche possiamo constatare la centralità del tema della sofferenza, criterio di discernimento per organizzare la vita di una comunità cristiana per evidenziare la priorità che deve avere una pastorale integrata”. Quanto incide la pastorale della salute nella pastorale integrata? «Devo essere sincero? Penso che siamo ancora molto lontani dal raggiungere questo obiettivo. A livello nazionale ho potuto vedere tante “best practices” ma si è ancora molto lontano dal porre un’attenzione specifica alle persone dei malati, alle persone dei malati nel corpo ma anche nelle malattie spirituali. Con la carenza del clero, le parrocchie hanno delegato molto ai ministri straordinari della comunione ma attenzione, tutti quelli che non ricevono la comunione che fanno parte di quella parrocchia? Allora Gesù ha fatto tre cose nella vita, ha annunciato il vangelo, ha pregato e ha curato i malati. La comunità cristiana deve riflettere queste tre dimensioni. Non abbiamo ancora capito che questo è un tema trasversale rispetto alla pastorale giovanile, rispetto alla pastorale delle famiglie, degli anziani. Se noi entriamo in una casa quando c’è una persona che soffre, noi ci siamo pastoralmente conquistati quella famiglia, non dimenticherà più la nostra presenza e noi diventiamo sacramento della presenza di qualcun Altro. Infine, gli ospedali sono l’agorà moderna, noi andiamo accanto all’uomo in un momento così particolare della sua vita, dove la domanda di senso diventa molto acuta e poi incontriamo tutti, incontriamo il povero, il ricco, il giovane, l’anziano, il lontano, quello che non incontreremmo mai nella nostra chiesa perché non ci viene, e questo non per motivi di proselitismo ma per annunciare quella Parola che per noi è fondamentale, l’amore di Dio per l’uomo».

Piergiacomo Oderda

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