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Indesit: la protesta di 300 lavoratori a None. No al trasferimento produzione lavatrici in Polonia

04/04/2012 15:47

Riproponiamo i nostri articoli che raccontano la vicenda dalle sue origini. Anche anticipando eventi e raccontando fatti sconosciuti

4 aprile 2012

Davanti ai cancelli della Fabbrica Indesit a None, questa mattina, circa 300 dipendenti, hanno effettuato un’assemblea sindacale. Il Cae aveva ipotizzato il trasferimento della produzione di lavatrici in Polonia. Il sindaco della Fiom ha dichiarato che farà tutto il possibile per impedire tale trasferimento. Tre anni fa la situazione era già stata affrontata ed era stato stipulato un accordo ove l’azienda si impegnava a restare a None. Il 18 e 24 aprile ci saranno ulteriori riunioni tra sindacati, azienda e Cae.Di seguito alcuni articoli pubblicati su Voce Pinerolese che ripercorrono i fatti sulla vicenda del trasferimento dell’Indesit

Ecco la cronistoria più significativa

2007

Indesit di None quale futuro?

In Polonia con la benedizione di Prodi

 

 In un contesto come quello della Provincia Sud di Torino, in cui molte imprese intravedono rischi occupazionali seri per il proprio futuro, qualsiasi mancanza d’informazione tra la base e i vertici dell’azienda viene vissuto come un preciso campanello d’allarme. Ormai è risaputo. Si chiama delocalizzazione. Il sentore di grave pericolo sta attanagliando anche i circa 700 dipendenti dell’Indesit di None. E l’indotto locale. L’idea che la nuova fabbrica “Merloni”, in procinto di essere inaugurata in Polonia, sia la “testa di ponte” per la fabbricazione ed il lancio del nuovo modello di lavastoviglie non lascia dormire sonni tranquilli. A nessuno. Ed è così che la sola CGIL ha indetto a ottobre, uno sciopero con manifestazione per le vie nonesi. Sino all’incontro con il sindaco. Da abbinare però ad un'altra notizia pubblicata dall’agenzia stampa New Italian Press il 31 maggio 2007: “Varsavia - Il Presidente di Indesit Company Vittorio Merloni e il Presidente del Consiglio Romano Prodi hanno incontrato ieri a Varsavia il Ministro dell'Economia Piotr Grzegorz Woźniak . Durante l'incontro, che si è svolto presso gli uffici del governo, è stato firmato l'accordo d'intesa relativo al finanziamento di circa 3 milioni di euro per il nuovo investimento di Indesit Company a Radomsko. "Sono molto soddisfatto che il governo polacco apprezzi e supporti i nostri investimenti", ha dichiarato Vittorio Merloni a margine della cerimonia. "La volontà e l'impegno di creare una piattaforma per lo scambio di esperienze sono la chiave per una collaborazione proficua tra il governo e gli investitori". Indesit Company investirà a Radomsko circa 80 milioni di euro. La produzione dei due nuovi stabilimenti di lavabiancheria e lavastoviglie sarà avviata nella primavera 2008. Gli impianti impiegheranno circa 1500 persone”. E Romano Prodi, cosa fa? Benedice l’accordo. Con tanti saluti ai lavoratori piemontesi. Che forse torneranno a Roma per ottenere almeno gli ammortizzatori sociali. Insomma il premier è l’alfa e l’omega. Di quello che, per il territorio e l’economia, se non interverranno nuovi elementi, si profila come un nuovo disastro annunciato.   

Federico R.

2007 

                                              Il sindaco ai dipendenti dell’Indesit

“E’ tutto a posto. In base

ai dati dell’azienda…”

A fronte della manifestazione sindacale della Fiom-CGIL (tenutasi il 19 Ottobre 2007, ed ampiamente illustrata nel numero precedente del nostro mensile) sul futuro dell’Indesit di None, denunciante il rischio delocalizzazione, l’amministrazione comunale di None pare non scomporsi troppo. Ricapitoliamo nell’ordine i dati oggettivi a nostra disposizione, pubblicati il numero scorso. L’investimento colossale (80 milioni d’euro) di Indesit Company in Polonia. La costruzione, in questo paese dell’est, di due nuovi stabilimenti di lavabiancheria e lavastoviglie che impiegheranno circa 1500 persone dalla primavera del 2008. La benedizione all’operazione economica del premier Romano Prodi volato a Varsavia questa primavera con Vittorio Merloni per firmare l’accordo intesa con il governo polacco. La somma di tutti questi elementi non turba il sonno del sindaco di None Maria Luisa Simeone. Insomma l’idea che gli stabilimenti di Radomsko possano essere la “testa di ponte” per la fabbricazione ed il lancio del nuovo modello di lavastoviglie sul mercato europeo non pare metterla in allarme. Infatti, in virtù di una precisa interrogazione del gruppo d’opposizione (datato 18 Ottobre 2007) d’Alternativa Per None, il sindaco di None Maria Luisa Simeone ha così sentenziato nella parte finale della risposta (formalizzata in un documento recante il timbro del 21 Novembre 2007): “L’incontro con i dipendenti dell’Indesit si è svolto presso questo palazzo comunale e, dopo una lieve tensione, ha avuto un decorso sereno. Durante tale assemblea la sottoscritta ha comunicato che, dalle notizie avute dalla direzione dello stabilimento, non risultano previste soppressioni o sostituzioni di linee di lavorazioni, né riduzioni di posti di lavoro. Tali sono le ultime notizie a conoscenza di quest’Amministrazione”. Amen.

 

Federico R.

2009 

Nessuno choc per l’Indesit

Lo si sapeva già dal 2007…

Di seguito riproponiamo il titolo e l’articolo da noi pubblicato nel 2007dove anticipavamo ciò che sta accadendo adesso. Nessuno può pensare che sia una notizia improvvisa quella capitata agli operai dell’Indesit. Forse chi di dovere non ha agito in tempo utile e i sindacati -ad esclusione della CGIL- non hanno, forse, preso con la dovuta attenzione l’allarme.

Dario Mongiello direttore@vocepinerolese.it

In Polonia con la benedizione di Prodi

Indesit di None quale futuro?

 

 In un contesto come quello della Provincia Sud di Torino, in cui molte imprese intravedono rischi occupazionali seri per il proprio futuro, qualsiasi mancanza d’informazione tra la base e i vertici dell’azienda viene vissuto come un preciso campanello d’allarme. Ormai è risaputo. Si chiama delocalizzazione. Il sentore di grave pericolo sta attanagliando anche i circa 700 dipendenti dell’Indesit di None. E l’indotto locale. L’idea che la nuova fabbrica “Merloni”, in procinto di essere inaugurata in Polonia, sia la “testa di ponte” per la fabbricazione ed il lancio del nuovo modello di lavastoviglie non lascia dormire sonni tranquilli. A nessuno. Ed è così che la sola CGIL ha indetto a ottobre, uno sciopero con manifestazione per le vie nonesi. Sino all’incontro con il sindaco. Da abbinare però ad un'altra notizia pubblicata dall’agenzia stampa New Italian Press il 31 maggio 2007: “Varsavia - Il Presidente di Indesit Company Vittorio Merloni e il Presidente del Consiglio Romano Prodi hanno incontrato ieri a Varsavia il Ministro dell'Economia Piotr Grzegorz Woźniak . Durante l'incontro, che si è svolto presso gli uffici del governo, è stato firmato l'accordo d'intesa relativo al finanziamento di circa 3 milioni di euro per il nuovo investimento di Indesit Company a Radomsko. "Sono molto soddisfatto che il governo polacco apprezzi e supporti i nostri investimenti", ha dichiarato Vittorio Merloni a margine della cerimonia. "La volontà e l'impegno di creare una piattaforma per lo scambio di esperienze sono la chiave per una collaborazione proficua tra il governo e gli investitori". Indesit Company investirà a Radomsko circa 80 milioni di euro. La produzione dei due nuovi stabilimenti di lavabiancheria e lavastoviglie sarà avviata nella primavera 2008. Gli impianti impiegheranno circa 1500 persone”. E Romano Prodi, cosa fa? Benedice l’accordo. Con tanti saluti ai lavoratori piemontesi. Che forse torneranno a Roma per ottenere almeno gli ammortizzatori sociali. Insomma il premier è l’alfa e l’omega. Di quello che, per il territorio e l’economia, se non interverranno nuovi elementi, si profila come un nuovo disastro annunciato.   

Federico R.

2009

 

La morsa della crisi che avanza

 

A None con l’ Indesit

a rischio 600 lavoratori

 

“C’è ancora una speranza” è il messaggio di ottimismo di Maria Luisa Simeone, sindaco di None, che sa bene cosa rappresenterebbe per la sua comunità, la paventata chiusura dello stabilimento di Via Pinerolo. Non è la prima volta infatti, che l’energica e battagliera amministratrice si interessa delle sorti della Indesit. E pensare che circa un anno fa, fu proprio una leggerezza della sua giunta, peraltro subito chiarita (sul piano regolatore era stata erroneamente inserita una strada al posto dello stabilimento), ad alimentare i dubbi sul futuro del sito. Era in corso la nota manifestazione “None al cioccolato” quando un centinaio di operai della Indesit, percorsero in corteo le vie cittadine per essere poi ricevuti tutti dal primo cittadino, in una sala consiliare gremita fino all’inverosimile. Chiarito l’equivoco, i dubbi sono tuttavia rimasti. Ad alimentarli la cosiddetta “delocalizzazione” ovvero la pratica, attuata dalle grandi aziende, di spostare la produzione in paesi dove la manodopera costa meno. Indesit Company, con 15 milioni di elettrodomestici prodotti, è il secondo produttore per quota di mercato in Europa e il quinto nel mondo con stabilimenti in Italia, Polonia, Regno Unito, Russia, Turchia e Cina. Due nuovi stabilimenti sono già stati aperti, a Lodz (Polonia) e Lipetzk (Russia), e altri due, sono attualmente in costruzione in Polonia (a Radomsko) per la produzione di lavastoviglie e lavatrici, la stessa produzione finora assegnata al sito di None dove la realtà produttiva si insediò già sul finire degli anni ’60. La notizia che la Indesit Company, la holding di proprietà della famiglia Merloni, sta valutando la possibilità di chiudere lo stabilimento di None, si è appresa da fonti sindacali e, se confermata, assumerà contorni devastanti in un pinerolese dove la crisi sta erodendo giorno dopo giorno il tessuto produttivo. Eppure il mondo industriale sta cercando di reagire. Il settore auto ad esempio, sta facendo fronte comune ipotizzando alleanze e attuando sinergie (vedi l’articolo a pagina 2 “la ripresa del pinerolese passa per Detroit ?”). L’impressione tuttavia è che manchi, dall’altra parte, un interlocutore qualificato. Notizie di questa portata giungono infatti quasi inascoltate ad una classe politica che è ancora alle prese (parlamento nazionale ma anche consiglio regionale) con le discussioni sullo sbarramento del 4 % alle prossime elezioni europee (!?), mentre il dibattito sul come porre rimedio ad una crisi senza precedenti, tiene banco solo in alcuni ristretti tavoli tecnici per addetti ai lavori.

Ci auguriamo tutti che si tratti di una mossa mediatica disperata, anche se fatta sulla pelle dei lavoratori, per sollecitare le risposte che finora sono mancate. Non è più possibile rimanere alla finestra e aspettare che passi il temporale. Servono provvedimenti forti, strutturali, innovativi rispetto al passato. E servono subito.

                                                                                                         M.P.

2009

Contro la chiusura Indesit e fondi formazione:

Due documenti d’impegno

 del Consiglio regionale


Nella seduta del Consiglio regionale del 4 febbraio sono stati approvati all’unanimità due documenti, sottoscritti dai diversi gruppi, in materia di lavoro, problemi occupazionali e formazione professionale. Il primo, per l’emergenza della minacciata chiusura dello stabilimento Indesit di None (TO), è stato presentato dai primi firmatari Vincenzo Chieppa (Comunisti Italiani), Rocco Larizza (PD) e Gian Piero Clement (Rifondazione Comunista). Il secondo sui fondi per la formazione professionale è stato presentato dai primi firmatari Stefano Lepri (PD) e Giuliano Manolino (Moderati Riformisti).

2009

Un’industria high tech interessata ad acquisire lo stabilimento

 

INDESIT NONE, CRONACA DI

UNA MORTE ANNUNCIATA

 

“None produce lavastoviglie di libera installazione e da incasso per tut­ti i brand del Gruppo” c’è scritto ancora sul sito internet della multinazionale di Fabriano. Nessuno infatti ha provveduto ad aggiornarlo, neppure dopo l’incontro con i sindacati, durante il quale è emersa ufficialmente l’intenzione di chiudere lo stabilimento di None. «Malgrado gli sforzi, la domanda di mercato è stata molto al di sotto delle previsioni» hanno esordito i rappresentanti del Gruppo. «Di conseguenza l'azienda non ritiene sostenibile la produzione in entrambi gli stabilimenti di None e di Radomsko in Polonia. La decisione di mantenere lo stabilimento polacco a scapito di quello torinese - hanno concluso - è dovuto esclusivamente a criteri di competitività sui mercati internazionali».

Dopo le numerose avvisaglie dei mesi scorsi, quello aperto dalla Indesit è il primo grande squarcio nel tessuto industriale pinerolese, eroso giorno dopo giorno dalla crisi che avanza. Già, la crisi, eppure c’è chi è convinto che l’attuale  crisi economica sia semmai una concausa della chiusura del sito di None, chiusura che invece giunge al termine di un processo, per il quale si sono create le condizioni da tempo. Come riportato nella scorsa edizione infatti, il nostro giornale sin dal 2007 aveva paventato l’ipotesi che gli eventi  muovessero verso la chiusura del sito pinerolese in favore del più conveniente stabilimento polacco.  Appaiono singolari e di difficile comprensione le prese di posizione e lo “sgomitare” di quanti solo in queste ore sembrano accorgersi dello sconquasso che la chiusura determinerà in 600 famiglie di operai e impiegati.

Troppo facile pure la strumentalizzazione contro gli incentivi varati dal governo per rimettere in moto l’economia ingolfata del pianeta. L’unica amara certezza è la colpevole assenza di chi poteva intervenire e non l’ha fatto. Una colpevole miopia che stride non poco con la lungimiranza delle autorità polacche che già nel maggio 2007, a Varsavia, hanno firmato con il Presidente di Indesit Company, Vittorio Merloni, un accordo d'intesa relativo al finanziamento di circa 3 milioni di euro per il nuovo investimento di Radomsko, una sorta di incentivo ante litteram. All’epoca probabilmente esisteva ancora un margine di manovra per pianificare un graduale ricollocamento dei lavoratori, un piano di mobilità, una serie di interventi in grado di smussare il taglio netto determinato invece dalla chiusura “punto e basta”.

I sindacati tuttavia non si danno per vinti e chiedono quindi all'azienda di tornare sui suoi passi, aprendo un vero negoziato con lo scopo di mantenere l’attività industriale a None e annunciano per venerdì 20 marzo 8 ore di sciopero e una manifestazione nazionale di tutti gli addetti.

All’epoca il nostro giornale aveva “azzeccato” le previsioni.  Speriamo, nell’interesse dei lavoratori, cui va la nostra vicinanza e solidarietà, di ripetere la performance. Siamo infatti a conoscenza di riservate trattative in corso con un importante marchio dell’industria high tech che si è detto interessato ad acquisire lo stabilimento di None, maestranze comprese.

Sulla vicenda della Indesit di None, forse, non è ancora stata scritta la parola “fine”.

                                                                                                                                     M.P. 

2009

Contro la chiusura Indesit e fondi formazione:
due documenti d’impegno del Consiglio regonale
Nella seduta del Consiglio regionale del 4 febbraio sono stati approvati all’unanimità due documenti, sottoscritti dai diversi gruppi, in materia di lavoro, problemi occupazionali e formazione professionale. Il primo, per l’emergenza della minacciata chiusura dello stabilimento Indesit di None (TO), è stato presentato dai primi firmatari Vincenzo Chieppa (Comunisti Italiani), Rocco Larizza (PD) e Gian Piero Clement (Rifondazione Comunista). Il secondo sui fondi per la formazione professionale è stato presentato dai primi firmatari Stefano Lepri (PD) e Giuliano Manolino (Moderati Riformisti).


2009

 

Indesit None, cronaca di  una morte annunciata

 

Industria high tech rileverà

stabilimento e maestranze

 

 

“None produce lavastoviglie di libera installazione e da incasso per tut­ti i brand del Gruppo” c’è scritto ancora sul sito internet della multinazionale di Fabriano. Nessuno infatti ha provveduto ad aggiornarlo, neppure dopo l’incontro con i sindacati, durante il quale è emersa ufficialmente l’intenzione di chiudere lo stabilimento di None. «Malgrado gli sforzi, la domanda di mercato è stata molto al di sotto delle previsioni» hanno esordito i rappresentanti del Gruppo. «Di conseguenza l'azienda non ritiene sostenibile la produzione in entrambi gli stabilimenti di None e di Radomsko in Polonia. La decisione di mantenere lo stabilimento polacco a scapito di quello torinese - hanno concluso - è dovuto esclusivamente a criteri di competitività sui mercati internazionali».

Dopo le numerose avvisaglie dei mesi scorsi, quello aperto dalla Indesit è il primo grande squarcio nel tessuto industriale pinerolese, eroso giorno dopo giorno dalla crisi che avanza. Già, la crisi, eppure c’è chi è convinto che l’attuale crisi economica sia semmai una concausa della chiusura del sito di None, chiusura che invece giunge al termine di un processo, per il quale si sono create le condizioni da tempo. Come riportato nella scorsa edizione infatti, il nostro giornale sin dal 2007 aveva paventato l’ipotesi che gli eventi muovessero verso la chiusura del sito pinerolese in favore del più conveniente stabilimento polacco.  Appaiono singolari e di difficile comprensione le prese di posizione e lo “sgomitare” di quanti solo in queste ore sembrano accorgersi dello sconquasso che la chiusura determinerà in 600 famiglie di operai e impiegati.

Troppo facile pure la strumentalizzazione contro gli incentivi varati dal governo per rimettere in moto l’economia ingolfata del pianeta. L’unica amara certezza è la colpevole assenza di chi poteva intervenire e non l’ha fatto. Una colpevole miopia che stride non poco con la lungimiranza delle autorità polacche che già nel maggio 2007, a Varsavia, hanno firmato con il Presidente di Indesit Company, Vittorio Merloni, un accordo d'intesa relativo al finanziamento di circa 3 milioni di euro per il nuovo investimento di Radomsko, una sorta di incentivo ante litteram. All’epoca probabilmente esisteva ancora un margine di manovra per pianificare un graduale ricollocamento dei lavoratori, un piano di mobilità, una serie di interventi in grado di smussare il taglio netto determinato invece dalla chiusura “punto e basta”.

I sindacati tuttavia non si danno per vinti e chiedono quindi all'azienda di tornare sui suoi passi, aprendo un vero negoziato con lo scopo di mantenere l’attività industriale a None e annunciano per venerdì 20 marzo 8 ore di sciopero e una manifestazione nazionale di tutti gli addetti.

All’epoca il nostro giornale aveva “azzeccato” le previsioni.  Speriamo, nell’interesse dei lavoratori, cui va la nostra vicinanza e solidarietà, di ripetere la performance. Siamo a conoscenza di riservate trattative in corso con un importante marchio dell’industria high tech che si è detto interessato ad acquisire lo stabilimento di None, maestranze comprese.

Sulla vicenda della Indesit di None, forse, non è ancora stata scritta la parola “fine”.

                                                                                                                                     M.P. 




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