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Libri: “Oltre la pace, oltre la guerra” di E. Tron e “Alla capanna” di S. Raymondo e J. Gabbio

10/12/2012 18:21

Serata africana al museo dell’emigrazione di Frossasco, giovedì 6 dicembre, in occasione della presentazione di due libri, “Oltre la pace, oltre la guerra” di Eleonora Tron e “Alla capanna” di Stefania Raymondo e Joram Gabbio, a cura dell’Unitre Frossasco Val Noce. Eleonora ci presenta immagini dal Congo, in particolare volti di bimbi che ci guardano e sembrano dirci “camminare insieme per un mondo diverso si può”. Studentessa in medicina, ha coltivato sin da piccola il sogno di un viaggio in Africa, coronato l’estate scorsa a Muhanga, un villaggio di 450 famiglie nella foresta, ospite di don Giovanni Piumatti che vive lì da quarant’anni. I mass media lasciano trapelare poco di una guerra, scaturita a motivo delle ricchezze del sottosuolo, oro, diamanti e quel materiale utilizzato per realizzare cellulari e pc. I morti sono cinque milioni e le armi hanno anche provenienza italiana. Il viaggio di Eleonora, una volta sbarcata in Uganda, ha richiesto tre giorni di strade sterrate percorse in auto ma “quando arrivi, ti innamori della gente, del rosso della terra, del verde della foresta”. Il libro è un reportage giornaliero, un diario di riflessioni intime e personali che via mail arrivavano alla mamma. “L’Africa ti mette a nudo, quella guerra ha dei volti, degli occhi, dei nasi da soffiare”. Eleonora ricorda il bimbo con cui giocava e da cui imparava i rudimenti dello swaili, la madre di otto figli, di cui tre partiti come soldati, la donna con cui condivideva i chicchi di mais raccolti tra la cenere. Per Joram e Stefania, siamo al secondo libro, dopo “Frutti di baobab”, sempre in Africa, in solidarietà con l’Angola, dove i coniugi Gabbio hanno trascorso venti faticosissimi giorni di viaggio di nozze, nella missione di don Stefano Tollu. Stefania ha disegnato alcune foto scattate in quel periodo e con i proventi della vendita del primo libro si è realizzata un’aula di informatica per un villaggio distante alcuni giorni di viaggio dalla prima città. Tra questi disegni, nel nuovo libro, “Alla capanna”, viene riportato un “presepe” africano, una scena di villaggio dove gli autori vedono un San Giuseppe che balla per la contentezza, Maria con il bimbo sulla spalla e… una moto al posto del cammello! “Ci sono capanne nella storia che sono state incrocio, caleidoscopio di culture… se Gesù dovesse rinascere oggi, sceglierebbe forse il Congo, l’Angola, Porta Palazzo”, esordisce Joram. Li ha spinti a scrivere “la gioia di creare qualcosa insieme… dal dialogo, dal confronto di coppia fino a guardare il presepe, come può vederlo la nostra piccola Lucia di un anno e mezzo”. La capanna del loro presepe è ancora quella costruita dal bisnonno di Joram, vissuto a metà ottocento. Stefania ci spiega: “Abbiamo immaginato Lucia a cinque, sei anni che ti fa quelle domande da bambino che ti mettono seriamente alla prova. Cosa ci può essere dietro ogni statuina del presepe? Abbiamo scelto le statuine che più ci emozionavano e ci ricordavano qualcosa di quando eravamo piccoli e abbiamo fatto raccontare loro una storia”. Joram fa l’esempio del pescatore: “Gesù aveva un debole per i pescatori, ci si specchia nell’acqua e si rientra in se stessi… così nella capanna vediamo il volto dell’Uomo”. C’ è spazio per Gelindo, pastore con la pecora sulle spalle, figura caratteristica del Piemonte e per Benino, personaggio tipico del presepe napoletano, dormiente fra le pecore. Interessanti anche i contributi dei poeti, da Saba a Giorgio Caproni, da Gozzano a questi versi di David Maria Turoldo: “Ma quando facevo il pastore/allora ero certo del tuo Natale…Io portavo le pecore fino al sagrato/e sapevo d’esser uomo vero/del tuo regale presepio”.

Piergiacomo Oderda

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