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Il Papa e i patriarchi si inginocchiano di fronte alle reliquie di san Nicola.

15/07/2018 11:21

di Piergiacomo Oderda

Due segni importanti a livello ecumenico sono stati posti da papa Francesco in questo inizio di estate. Il viaggio a Ginevra per il settantesimo anniversario della fondazione del Consiglio ecumenico delle Chiese e l’incontro con i capi delle Chiese e delle comunità cristiane del Medio Oriente a Bari.

In Svizzera, il Papa ha sottolineato un passo della lettera ai Galati, “camminare secondo lo Spirito” (5,25). L’uomo è un essere «in cammino, in continua uscita da dove si trova», una metafora che rivela il senso della vita nel cercare qualcosa di ulteriore. E’ fatica, «serve pazienza quotidiana e allenamento costante»; si raccomanda l’umiltà di tornare sui propri passi e «la cura per i compagni di viaggio, solo insieme si cammina bene». Cita l’esempio di Abramo che si mette in cammino “equipaggiato” di fiducia in Dio (Gen 12,1). Gesù stesso è la via (Gv 13,6), “pellegrino e ospite”. “Secondo lo Spirito” significa lasciarsi accompagnare docilmente dove Dio indica, calarsi nella storia col passo di Dio. Si riprende il decreto conciliare “Unitatis Redintegratio”, il movimento ecumenico è sorto per la grazia dello Spirito, deve essere abbandonato ogni ripiegamento autoreferenziale. Sembra un lavoro in perdita ma non bisogna temere, “chi perderà la propria vita per causa mia la salverà” (Lc 9,24). Delinea a questo punto la strada maestra, motto della giornata ecumenica, “camminare, pregare, lavorare insieme”.

Il mondo dilaniato da troppe divisioni che colpiscono i più deboli chiede a gran voce unità. Nel decreto “Unitatis Redintegratio” si afferma che la divisione danneggia la più santa delle cause, la predicazione del Vangelo ad ogni creatura. Al pomeriggio, il Papa riprende il motto della giornata e domanda, “camminare verso dove?”. Propone un dinamismo di entrata ed uscita, entrata per dirigersi al centro (innestati nell’unica vite, Gv 15) e uscita verso le periferie esistenziali. Pregare insieme è l’ossigeno dell’ecumenismo. Nel lavorare insieme ricorda la commissione “Fede e costituzione”, “Missione ed evangelizzazione”, la giornata di preghiera per la cura del creato e la preparazione dei testi per la settimana dell’unità dei cristiani. Per illustrare il concetto di “diakonia” ricorre ad una citazione di Benedetto XVI (Deus est caritas, 31), “il programma del cristiano è il cuore che vede”. Due suggestioni bibliche date dal numero 70: “perdonare fino a settanta volte sette” (Mt 18,22), «spalanca il metro della carità smisurata» e il numero dei discepoli inviati in missione, ogni discepolo è chiamato ad annunciare fino agli estremi confini della terra.

Nella direzione del pregare insieme si pone l’evento organizzato a Bari, “Su di te sia pace!”, cristiani insieme per il Medio Oriente. Il Papa e i patriarchi si inginocchiano di fronte alle reliquie di san Nicola, «la cui venerazione solca i mari e valica i confini tra le Chiese». Si chiede la sua intercessione per guarire le ferite. Dal Medio Oriente, culla delle religioni monoteistiche, è sgorgata la luce della fede, il monachesimo, l’eredità dei Grandi Padri. Oggi è afflitto da «guerre, violenze, distruzioni, forme di fondamentalismo e migrazioni forzate». Accorate le parole dopo la preghiera ecumenica. L’unità va cercata senza paura della diversità. Si passi dai segni di potere al potere di segni speranzosi. «Basta ai tornaconti di pochi sulla pelle di molti». Non si può parlare di pace mentre si perseguono sfrenate corse al riarmo. Si prega per Gerusalemme, «unica e sacra per cristiani, ebrei e musulmani» e per il Medio Oriente, non più arco di guerra teso tra continenti ma arca di pace.

Chi è San Nicola di Bari? In uno studio di G. Cioffari (ed. Paoline, 1988), «hanno un certo carattere di storicità la nascita a Patara, la dote alle fanciulle povere, l’episcopato a Myra, la persecuzione e la carestia, il concilio di Nicea del 325, la storia dei tre Myresi liberati dalla decapitazione e di Nepoziano e compagni del carcere, la riduzione dei tributi e la distruzione del tempio di Artemide». Visse dal 255/7 al 333/4, le reliquie arrivano a bari il 9 maggio 1087. Conclude il saggio sul tema dell’ecumenismo. «Egli è un santo amato ugualmente dagli ortodossi e dai cattolici, ed è stimato anche tra protestanti e anglicani. Presso la sua tomba vengono a pregare uomini di ogni religione. Nel suo nome dunque si è innestata un’operazione che sarà certamente benedetta da Dio, quella della riunificazione dei cristiani. In lui tale unione già c’è e per lui alla Basilica di San Nicola di Bari si instaurano contatti semplicemente impensabili altrove».

Piergiacomo Oderda

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