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A Vienna alla ricerca di tracce di sacro al Kunsthistorisches Museum

30/04/2019 17:44

di Piergiacomo Oderda

Alla ricerca di tracce di sacro, vago per le vie di Vienna durante le vacanze pasquali. Al primo piano, nella sala 5 del Kunsthistorisches Museum, contemplo tre opere di Caravaggio, datate (lì) al 1601. L'ampia tela della “Madonna del Rosario” induce ad una riflessione sul lavoro e sulla fede popolare, tanto cara a papa Francesco (Evangelii gaudium, 123). Al rosario affidato ai domenicani, si giustappone un groviglio di mani imploranti. Sono i “lazzari” con i piedi segnati dalla fatica della strada percorsa. Non manca il sapore di famiglia, una donna che accudisce un bambino. L'”Incoronazione di spine” mostra una spiccata luminosità sulla corazza del soldato che osserva la scena. Ci ricorda la “Cattura di Cristo”, esaminata la scorsa estate alla Galleria Nazionale di Dublino. Lo sguardo si posa sul Cristo e sui muscoli di un giovane in primissimo piano. Audacia giovanile e impetuoso eroismo si riflettono invece sul volto di Davide, colto nell'atto di brandire la testa di Golia. Lo stesso pomeriggio, al Leopold Museum, non passa inosservata la tela “Gli eremiti” di Egon Schiele, due figure umane ad altezza naturale che rappresentano l'amicizia del pittore col celeberrimo Gustav Klimt, scaturita da un provvidenziale incontro al Caffé Museum, chissà forse vicino al tavolino dove ho assaggiato lo strudel. Il giorno prima, al termine di un “Gran tour” tra le sale imperiali di Schönbrunn e dopo un po' di riposo ammirando le evoluzioni dell'orso polare, avevo ammirato il “Fregio” di Klimt, dedicato alla Nona sinfonia di Beethoven, dove il sacro traspare nell'inneggiare all'amicizia tra i popoli. Le figure che rappresentano i vizi come la lussuria, la malattia, la follia, le arti animano le pareti così come avrebbero suscitato una forte impressione nelle facoltà di medicina e filosofia se i decani degli atenei di Vienna non si fossero opposti alle novità dello stile Secession. Nella visita all'abbazia di Melk, dono ai benedettini da parte dei Babenberg, antesignani degli Asburgo al governo di Vienna, scopro un'altra “Incoronazione di spine” dai colori vivaci, pannello di una pala d'altare di inizio Cinquecento (Jörg Breu). Alcune gemme adornano una croce mostrata ai fedeli a febbraio dove si cela all'interno una reliquia della croce di Cristo. Il museo dell'abbazia trae le mosse dalla “Regula” di Benedetto, dall'ascolto, l'obbedienza, la “stabilitas loci” e la “conversatio morum”.

Al museo giudaico acquisto un volume sulla comparazione tra le religioni e nell'”Arnold Schömberg center” gusto qualche acuto dell'opera “Mosè e Aronne”. Il fondatore della dodecafonia realizzò anche un lavoro dedicato al “Kol nidré”, la preghiera ebraica per la riconciliazione con Dio. Al Literatur Museum colgo una buona presentazione della passione di Franz Kafka per il teatro ebraico Jddish. E' sempre un buon modo di prepararsi ai viaggi cercare qualche brano di letteratura, un esempio potrebbe essere costituito dai romanzi storici di Hermann Broch (1866-1951). Lo scrittore “attende la salvezza del paese e della società moderna da una nuova spiritualità, per la quale l'amore di Dio significhi ad un tempo anche amore per gli uomini” (A. Reininger, “Profilo storico della letteratura tedesca”, 1992). Qualche aiuto più spiccio proviene dai testi di Claudio Magris, tutt'ora in pubblicazione per il Corriere della Sera (es. “Danubio”). Un compito a casa, dopo la visita di Vienna, potrebbe essere l'approfondimento di come abbiano inciso sul cristianesimo in Austria le figure di Maria Teresa (1740-1780) e del successore Giuseppe II, fautore di una prima apertura ad ebrei e protestanti. Ho avuto la fortuna di accostare il personaggio di Salomé nell'opera di Richard Strauss all'Opera. L'analisi psicologica dei personaggi talvolta sfugge ad un lettore frettoloso delle vicende di Giovanni il Battista. Nella cattedrale di Santo Stefano, gremita di fedeli nella vigilia di Pasqua, un tripudio di organo e fiati ha accompagnato i momenti peculiari della liturgia. Il card. Schömborn mi ha fatto pensare al tirolese Cristoforo Migazzi, il vescovo di Vienna che allestì un arco di trionfo nella cittadina di Vàc in Ungheria, per festeggiare la visita di Maria Teresa avvenuta dal 27 agosto al primo settembre del 1764.

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