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Dorme nella stazione "Sono una persona non un documento" Una storia molto triste. Pinerolo

22/11/2020 14:25

 

di Dario Mongiello

direttore@vocepinerolese.it

 

Se, questo è il suo nome. Almeno, così ci pare di intendere. Se parla sotto voce, sembra timoroso. È un ragazzo di 27 anni che è giunto in Italia su un barcone, attraversando quel tratto di mare segnato da morti innocenti, nella tragica rotta che va dalla Libia a Lampedusa.  

Il racconto di Se è la dimostrazione evidente del fallimento di tutto ciò che ruota intorno al "mondo" legato all'immigrazione clandestina. Se, oggi, è un clandestino, che è venuto in Italia con un sogno, lavorare e diventare un calciatore. Pubblichiamo un sunto dell’intervista a Se. Nel video tutta l’intervista. Guarda qui:  

"Io giocavo nella mia squadra in Africa – racconta Se -  e l'Italia era un punto di riferimento per me, per quelli che, come me, in Africa, vedono l’Italia come un posto dal futuro positivo.  Io volevo cercare un lavoro, volevo diventare un calciatore anche qui. Ero molto bravo, giocavo nella squadra del mio paese.  I miei genitori mi hanno dato i soldi per affrontare il viaggio. Dal Gambia fino in Libia. Qui sono stato nel campo di concentramento in attesa che arrivasse il mio turno per salire sul barcone e raggiungere l'Italia. Lo sbarco a Lampedusa, poi sono stato trasferito a Settimo Torinese con la Croce Rossa. Era pieno di gente e mi hanno portato a Pinerolo. Poi mi hanno portato a Torre Pellice in una struttura poi mi hanno mandato via quando non mi hanno concesso il permesso di soggiorno. Tutte le mie richieste di ottenere un permesso per stare in Italia non sono servite a nulla. Sono anche andato a scuola di italiano a Pinerolo. Purtroppo tutto inutile. Non ho un documento e nessuno mi può far lavorare. Non posso chiedere una casa. Nulla. Sono invisibile per lo Stato Italiano ma io sono vivo. Avevo fatto anche dei provini nella squadra di calcio a Piossasco. Tutto inutile. Sono clandestino. Io al mio paese stavo bene, non mi mancava nulla. Ho seguito un sogno che non si è realizzato. Voglio ritornare nel mio Paese. Come posso fare? Senza documento non posso fare nulla. La prima cosa che mi chiedono è: hai un documento? Ma se non mi danno un documento cosa posso fare? Io non sono un documento. Io sono una persona”.

Se dorme in su una panchina della stazione ferroviaria di Pinerolo. Le sue giornate sono vuote. Si aggiusta come può. Se vuole fumare raccoglie le cicche delle sigarette lasciate per terra. Raccoglie quel poco di tabacco rimasto e si rolla una sigaretta. Per fortuna c'è la Caritas che per cinque giorni la settimana gli offre un pasto caldo a pranzo. Poi, per lui, il girovagare per la città di Pinerolo in attesa di uno spiraglio di luce. La nostalgia di casa, la nostalgia di essere accettato da tutti e non indicato come un appestato, un uomo che dà fastidio. Se ha capito che è stato un errore venire in Italia e adesso vuole tornare a casa. Non sa come fare. Se è un bravo ragazzo che ha inseguito un sogno che, purtroppo, si è rivelato un incubo dal quale vuole uscire.

Se è anche amato. Questa mattina, nella stazione ferroviaria, una donna si avvicina a lui e gli dice: "ti ricordi di me?" "Sì, risponde, “sei stata la mia maestra di italiano a Pinerolo" e finalmente sul volto di Se spunta un sorriso e i suoi occhi si illuminano. Finalmente una persona non lo respinge ma gli va incontro. "Mi ricordo - prosegue Se -  che abbiamo fatto una gita al Monviso". La maestra si ferma, abbozza un sorriso "te lo ricordi?" "" risponde Se con un sorriso. La donna chiama il marito che si era allontanato di qualche passo. "Aspettami." Pochi passi, poi torna indietro e la maestra dona a Se 20 euro. "Non li sprecare, mi raccomando". La donna va via e mentre si allontana dalla bocca gli esce una frase, sussurrata, dolorosa: "ho una spina nel cuore". Mentre con Se ci avviciniamo al suo letto-panchina, da un locale della stazione, da un ufficio, esce una signora e gli allunga un sacchetto. Dentro c’è del cibo. Forse è il pasto della domenica. Un altro gesto di amore e generosità nei confronti di un ragazzo di 27 anni. “Sono stanco, tanto stanco” mi dice Se prima di salutarci. Non sappiamo altro di Se. Abbiamo raccolto le sue parole. Una cosa è certa: un Paese come l’Italia non può permettere tanta sofferenza.

Il video intervista integrale qui:

Nella foto Se nella sua panchina/letto nella stazione ferroviaria di Pinerolo

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