Francia riforma dell’ età pensionistica: una protesta che va oltre la singola legge.
Le veementi proteste in Francia contro la riforma dell’ età pensionistica: un malcontento che deve indurci a riflessioni di più ampia portata
Quanto sta accadendo in varie parti della Francia, con cortei di migliaia di cittadini che protestano contro la legge dell’esecutivo che riforma i requisiti pensionistici (innalzamento dell’ età pensionistica da sessantadue a sessantaquattro anni), ci pone alcuni interrogativi.
Che cosa significa letteralmente il termine “democrazia”? Dal greco “demos” e “kratos” letteralmente sta ad indicare “il potere del popolo”.
In realtà nelle nostre democrazie il popolo esercita il potere delegando i suoi rappresentanti: sarebbe, del resto, impossibile una democrazia diretta. Questo è un passaggio importante, sebbene appaia scontato, per la comprensione dì quanto seguirà nella nostra riflessione.
Il popolo francese, tramite elezioni libere, ha deciso di affidare la gestione della Repubblica (res publica: la cosa pubblica) scegliendo i propri delegati.
È quindi legittimo che questi delegati vengano ora duramente contestati proprio da coloro che hanno deciso di affidargli la gestione del bene pubblico? Già questo sarebbe un quesito su cui occorrerebbe tentare almeno una seria riflessione. Dopodiché, fortunato è colui che sappia affrontare senza dubbi questa domanda così complessa, che a noi pare priva di una risposta univoca.
Avendo la Corte Suprema francese ritenuto del tutto ineccepibile la riforma proposta dall’esecutivo, che si è avvalso sì della possibilità di eludere il consenso parlamentare, ma seguendo, comunque, un percorso previsto dalla costituzione transalpina, la partita dovrebbe essere chiusa una volta per tutte. E, invece, le proteste proseguono e per ora non si placano.
Certamente non siamo noi i tecnici competenti per stabilire se tale riforma pensionistica sia inevitabile o se sussistano margini di manovra per renderla meno indigesta ai lavoratori francesi.
Dì fatto si contesta una decisione presa da chi è stato scelto alle urne per decidere, licenziando una legge non incostituzionale e seguendo un iter costituzionalmente legale.
Se da una parte il governo, proprio perché il potere ( kratos) è del popolo ( demos) e da questo riceve il suo mandato, dovrebbe avvertire l’esigenza di porre la propria attenzione verso gli umori della piazza, dall’altro, assecondarne questi stati d' animo equivarrebbe non automaticamente alla pratica del buon governo, ma significherebbe scivolare in una ricerca di consenso utile a mantenere ben salde le poltrone del comando. E qui si pone un altro nodo tutt’altro che facile da districare.
Al netto di queste valutazioni, il focus sul quale pare più opportuno concentrare maggiormente la nostra attenzione è un altro ancora. Come ormai da anni sostenuto da molti autorevoli filosofi e scienziati della politica, bisogna prendere atto che le nostre democrazie sono in forte ambasce.
Nel corso della millenaria storia dell’ Occidente la democrazia, così come la conosciamo noi, è sorta in tempi recentissimi dopo il secondo conflitto mondiale, se si eccettuano alcuni paesi quali Francia, Regno Unito, Stati Uniti e pochi altri.
E nell’arco di un’ ottantina di anni comincia già a manifestare le prime crepe e una inadeguata capacità di garantire una efficiente governance, come sta dimostrando il caso francese, che in questi giorni è il più eclatante, ma non è stato certo l’unico negli ultimi anni.
Concorre a creare questo difficile contesto una sempre maggiore mancanza di fiducia nelle istituzioni a vari livelli, da quelli sovranazionali, passando per quelli nazionali sino a quelli locali. Va da sé che la mancanza di fiducia nelle istituzioni, fenomeno sulle cui origini non ci soffermeremo ora, rende l’esercizio della democrazia un terreno sempre più scivoloso, poiché un sistema che non riesca a garantire un' efficiente governance è destinata a incontrare enormi intoppi lungo il suo percorso.
La prova che quanto sta accadendo oltre i nostri confini porti con sé questa intrinseca mancanza di fiducia verso le istruzioni è confermata dalla presenza, che si evince dalle immagini che ci giungono, nell’ambito di queste manifestazioni di protesta di moltissimi giovani rispetto a lavoratori in età avanzata che più di tutti dovrebbero avvertire nell’ immediato il disagio della riforma.
Emerge, quindi, uno scenario in cui la protesta sembra travalicare la legge in sé e si pone, invece, come sfida aperta alle istituzioni sfiduciate, forse per l’incapacità delle istituzioni stesse di ridisegnare un diverso sistema socio economico finanziario nel quale le giovani generazioni ritengano di potere trovare le risposte che stanno cercando ai propri bisogni, presenti e futuri.
Ivan Albano