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Femminicidi: quando il diritto dovere di cronaca tracima oltre il senso del limite

20/11/2023 15:54

Femminicidi: quando il diritto dovere di cronaca tracima oltre il senso del limite

di Ivan Albano

Prendendo spunto dal recente femminicidio avvenuto in Veneto pochi giorni fa, mi sorgono alcune considerazioni.

Ornai non vi è femminicidio che non riceva una copertura mediatica ampia, capillare, ridondante, doviziosa di interviste reiterate ai parenti stretti della vittima, a quelli dell’assassino e ai vari conoscenti, senza tralasciare il racconto degli elementi più raccapriccianti quali la descrizione, minuziosa in ogni singolo dettaglio, delle modalità con cui il delitto è stato perpetrato.

Esistono, giustamente, il dovere e il diritto alla cronaca, alla denuncia di quanto accade e non vorremmo mai accadesse: questo è innegabile.

Ritengo, premesso ciò, che il famoso est modus in rebus sia sempre auspicabile. È deontologico dare notizia di quanto avviene, per quanto orribile, nella società, ma tutto questo deve avvenire con un senso del limite che non andrebbe mai, per alcun motivo, oltrepassato.

Non valicare quel limite serve a onorare una forma di rispetto verso colei, ma potrebbe essere anche un colui, che è stato vittima di certe efferatezze, pena il rischio, sempre presente, di trasformare certe tragedie umane in uno spettacolo da dare in pasto a un pubblico che avrà sempre una parte di morbosità, poiché la fascinazione del male esiste eccome ed è irragionevole non ammetterlo.

Sono altresì convinto sia opportuno fare un passo indietro di fronte alla sofferenza dei familiari (esiste una dimensione privata del dolore che dovrebbe essere sacra), senza invadere spazi che andrebbero lasciati nell’ ombra e lontani dai riflettori, perché nessuno ha il diritto di entrare in casa altrui tanto più in momenti di atroce dolore: quello che un tempo si sarebbe definito il sano senso del pudore.

Ultima considerazione, ma non meno importante (last, but not least): offrire una grande rilevanza mediatica a certi crimini con la finalità di porre un argine a certi fenomeni esecrabili è un paravento dietro il quale si cerca, a mio avviso, di giustificare la ricerca del massimo degli ascolti Auditel.

In realtà, si è registrato addirittura ad un incremento di simili barbarie, nonostante tutto il risalto e le voci di condanna levatesi sui media.

Chi non ha interiorizzato certi valori raggiunta l’età della ragione, non si fermerà certamente di fronte a certe immagini o a certe parole di condanna e, anzi, potrebbe, paradossalmente, essere indotto all’ emulazione.

Due sono, a mio avviso, le strade da percorrere.

La copertura mediatica deve essere essenziale, perché la cronaca ha le sue esigenze e non va obnubilata (ci mancherebbe).

Il percorso educativo va intrapreso sin dall’ infanzia, sia nelle famiglie sia nelle scuole: percorso non facile, sicuramente difficile, perché, se non si mutano certi modelli sociali, presenti spesso in maniera velata, famiglia e scuola non possono fare miracoli.

Scrisse provocatoriamente il filosofo Stefano Zecchi una ventina di anni fa:” I Talebani impongono alle donne il burka, noi occidentali la chirurgia estetica”.

Certamente la chirurgia estetica non è imposta tout court per legge e la si può sempre respingere, ma, talvolta, è ancora più cogente ciò che viene proposto in modo subdolo e strisciante di ciò che lo è in modo manifesto.

La donna come oggetto, quindi passibile, proprio alla stregua di un qualsiasi oggetto, di essere proprietà privata, passa anche tramite il messaggio, subdolamente coercitivo, del “guai a chi invecchia o a chi non presenta certe fattezze corporee”.

Secoli fa i Romani solevano dire” Vae vicitis”; oggi guai a chi non assomiglia alle presenze femminili della TV, che poi, paradossalmente, è uno dei canali attraverso il quale si ha la pretesa di sdoganare la donna dalla condizione di oggetto. Spesso anche le conduttrici e le giornaliste rispondono al paradigma di donna oggetto da esporre. Avete mai visto una giornalista non bella in TV? Tutte le più brave sono necessariamente anche belle?

Ivan Albano

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